“Open Arms” giunga a Lampedusa, ordina il presidente del TAR Lazio!

di Stefano Civitarese

Qui sotto il decreto con il cui Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) ha disposto la concessione di misure cautelari al fine di consentire l’ingresso della nave Open Arms in acque territoriali italiane e quindi di prestare l’immediata assistenza alle persone soccorse maggiormente bisognevoli.

Per fare questo ha in pratica sospeso l’efficacia del provvedimento del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro della Difesa e con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, del 1° agosto 2019 con cui si era disposto il divieto di ingresso, transito e sosta della nave Open Arms “nel mare territoriale nazionale”.

Il decreto è stato emanato in via di estrema urgenza dal Presidente in attesa della prima udienza utile in cui saranno sentite le parti dinanzi al Tribunale, udienza che si terrà il 9 settembre.

Questo tipo di provvedimenti è emesso sulla base di due presupposti.

Il cosiddetto fumus bonis iuris, cioè un giudizio sommario sulla fondatezza del ricorso, e il periculum in mora, vale a dire il rischio che nel tempo necessario per giungere a una sentenza si produca un danno irreparabile.

Quanto a quest’ultimo il Presidente del TAR Lazio lo ha ritenuto sussistente in relazione alla necessità di assistere le persone presenti sulla nave sulla base dei rapporti medici, della relazione psicologica e delle dichiarazioni del capo missione.

Quanto al primo aspetto, il fumus, il Presidente ritiene probabile che il provvedimento del Ministro dell’Interno per un verso violi norme di diritto internazionale del mare in materia di soccorso, per altro verso sia viziato per eccesso di potere in quanto contraddittorio. Nelle premesse del provvedimento si legge, infatti, che «il natante soccorso da Open Arms in area SAR libica – quanto meno per l’ingente numero di persone a bordo – era in “distress”», vale a dire in situazione di evidente difficoltà. Allo stesso tempo nel provvedimento si afferma, tuttavia, che il natante stesse effettuando un “passaggio non inoffensivo” ai sensi dell’art. 19, comma 2, lett. g) della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay ratificata con legge n. 689/1994.

Il passaggio si presume potenzialmente offensivo quando sia finalizzato al «carico o scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero». Il passaggio non inoffensivo costituisce una delle due ipotesi alternative che, secondo il decreto sicurezza bis, consente al Ministro di emanare il provvedimento di divieto di ingresso nei porti. L’altra è la ricorrenza di «motivi di ordine e sicurezza pubblica».

Insomma, la decisione del Presidente del Tribunale sembra minare in radice l’efficacia del Decreto Sicurezza bis inteso come misura per “chiudere i porti alle ONG”, nella scia delle direttive del Ministro Salvini dirette a negare l’ingresso a chiunque svolga «un’attività di soccorso […] con modalità improprie, in violazione della normativa internazionale sul diritto del mare e, quindi, pregiudizievole per il buon ordine e la sicurezza dello Stato costiero in quanto finalizzata all’ingresso di persone in violazione delle leggi di immigrazione»; o a censurare l’operato di singole ONG, accusate di «possibile strumentalizzazione degli obblighi internazionali in materia di search and rescue» o ancora di “cooperazione ‘mediata’ che, di fatto, incentiva gli attraversamenti via mare di cittadini stranieri non in regola con il permesso di soggiorno e ne favorisce obiettivamente l’ingresso irregolare sul territorio nazionale».

Infatti, dice in sostanza il Presidente del TAR Lazio, se c’è una nave in una situazione di evidente difficoltà e con esseri umani a rischio, come si può sostenere che chi la soccorra non stia adempiendo a un obbligo derivante dal diritto internazionale, ma invece stia effettuando un passaggio ‘offensivo’? Sembra quasi paradossale, ma il decreto sicurezza bis, per questo aspetto e fermi restando i suoi diversi profili di incostituzionalità, potrebbe risultare fatale per la politica dei “porti chiusi”.

È molto difficile che il ministro Salvini riesca a comprendere quanto sia importante, in una democrazia costituzionale che si apre – grazie all’art. 10 della Costituzione – ai diritti umani e alla pace tra le nazioni, il ruolo delle corti nazionali nel farsi interpreti del rapporto tra il diritto interno e il diritto internazionale. La sua rozza reazione alla notizia del decreto del TAR, in uno dei quotidiani comizi estivi, è stata questa: «Caro il mio giudice, lo stipendio te lo pagano gli italiani e devi difendere i confini italiani!». Insomma, caro Presidente Pasanisi, deve essersi sbagliato, pare infatti che dalla nave diretta a Lampedusa stiano per sbarcare 150 pirati armati sino ai denti determinati a mettere a ferro e fuoco la Penisola …