IL PNRR e la Nuova Pescara

Lo scorso mese di dicembre il Governo Italiano ha inviato alla Commissione Europea la relazione sul raggiungimento dei 51 milestones (traguardi) e targets (obiettivi) indicati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per il 2021, per la richiesta di pagamento della prima rata dei fondi.

Si tratta di ben 24,1 miliardi di euro, che verranno erogati a seguito della verifica da parte della Commissione. L’intero finanziamento di 191,5 miliardi prevede 10 rate semestrali, seguendo la stessa procedura, fino al 2026, anno di scadenza di efficacia del Piano.

Proiettandoci al 2026, nella nostra area dovremmo trovarci in una situazione inedita, con la Nuova Pescara al posto di Pescara, Montesilvano e Spoltore. Tra le 526 misure complessive del PNRR, come si vede dal grafico, molte sono destinate agli enti locali.

Viene, allora, da chiedersi se le varie commissioni che stanno lavorando alla nascita della nuova Città ne stiano tenendo conto o si siano almeno poste il problema. Lo stesso dicasi per la Regione Abruzzo che ha la responsabilità ultima di portare a compimento il processo di fusione.

Si tratta di uno scenario che richiede un approccio strategico e programmatorio del tutto diverso dall’attuale. Ogni politica dovrebbe essere ripensata nella nuova ottica metropolitana, a partire dai trasporti, ma investendo tutti gli altri settori del governo locale: rifiuti, energia, verde pubblico, patrimonio idrico, inclusione sociale e coesione, lavoro, parità di genere, e poi urbanistica, salute, digitalizzazione dei servizi.

Ci si aspetterebbe un grande dibattito, quasi un fervore di idee e proposte verso il modello di città sostenibile che tutti a parole dicono di volere. Le cronache locali, invece, ci raccontano di sedute delle commissioni preposte a portare avanti il processo costitutivo andate a vuoto per mancanza del numero legale, di rinvii, di equilibri da
“aggiustare”, di “ripensamenti” che non hanno fondamento legale.

Molti degli obiettivi di cui alle “missioni” del PNRR sono riconducibili alle «forme sia di collaborazione istituzionalizzata e cooperazione, sia di razionalizzazione e di esercizio associato di funzioni comunali» previste dalla legge regionale istitutiva di Nuova Pescara per favorire il percorso verso la fusione.

Gli amministratori dei tre Comuni coinvolti avrebbero dovuto occuparsi di questo almeno sin dal 2018, quando fu approvata la legge, ma hanno preferito discettare sul problema della triplicazione dei nomi delle vie.

Ora, come al solito, siamo in ritardo. Le risorse, in parte, arriveranno. La logica con cui saranno allocate sarà oscura a chiunque. Su tutto prevarrà la corsa alla diligenza.

Basti considerare i documenti di programmazione e bilancio dei tre comuni per rendersi conto della totale assenza di considerazione dello scenario e della sfida che ci sta dinanzi. Esemplare il caso del DUP di Pescara. Identico a quello di tre anni fa, come se nulla nel frattempo fosse successo.